Ha ragione da vendere chi dice che Internet ha una natura intrinseca sovversiva e che questo “scandalo” la dimostra pienamente, qui.
Vediamo quanto è stata sconvolgente in questa situazione. Allora, è ormai a tutti noto che l’art. 69 del DPR 600/1973, relativo all’accertamento delle imposte sui redditi prevede che vengano obbligatoriamente formati codesti elenchi dei contribuenti, mentre l’art. 66 bis del medesimo DPR sancisce la pubblicazione presso le sedi dei comuni dei suddetti elenchi.
Questo il dato positivo (nel senso di “scritto nella legge”) relativo alla formazione e pubblicazione: gli elenchi andavano formati e pubblicati presso il comune,
Poi il cinque marzo 2008 il direttore dell’Agenzia delle Entrate emanò un provvedimento dove autorizzava la pubblicazione dei dati su Internet e ne spiegava le ragioni, qui il provvedimento, le motivazioni in fondo al testo del medesimo. Principalmente detto provvedimento richiama motivi di trasparenza e di non incompatibilità con il c.d. Codice della Privacy (provvedimento successivo ai citati DPR in materia fiscale) e motivi di pubblico interesse e della collettività (alla conoscibilità dei suddetti dati patrimoniali). Il provvedimento evidenzia, e ce n’era bisogno, che seppure si tratti di un provvedimento espressione di un potere politico amministrativo, comunque il suo carattere è tecnico-gestionale (quindi semplicemente operazionale) e l’attuazione viene lasciata al funzionario ministeriale, con l’ovvio assenso del responsabile politico.
Quindi, che è successo?
Dato che l’art. 69 sopracitato fa esplicitamente riferimento alla trasmissione di codesti dati su supporto telematico (e Internet rientra indiscutibilmente in codesta categoria), il gioco è presto fatto: in virtù di una esigenza di trasparenza i dati vengono inseriti non nei siti internet dei comuni (dove sono conservati gli elenchi cartacei), ma sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
Il resto è abbastanza chiaro, beh… solo abbastanza. Da un lato abbiamo un provvedimento del garante firmato dal precedente presidente, cioè del 2 luglio 2003 autorizzativo della divulgazione via Internet di questi dati, in quanto: Come è desumibile dai numerosi pronunciamenti di questa Autorità in materia di trasparenza, non vi è incompatibilità tra la protezione dei dati personali e determinate forme di pubblicità di dati previste per finalità di interesse pubblico o della collettività.
Mentre il Garante attuale ha apparentemente contraddetto tale argomentazione stabilendo (con il provvedimento del 9 novembre 2007) che “il Garante ha dunque prescritto al Comune di Bologna di trattare i dati acquisiti direttamente dal sistema informativo dell’Amministrazione finanziaria solo per le finalità previste dalla legge. I quotidiani che hanno pubblicato i dati dei contribuenti dovranno, da parte loro, astenersi dalla ulteriore pubblicazione, anche sui loro siti web, perchè tali dati sono stati comunicati dal Comune in contrasto con le previsioni di legge”.
Perchè la contraddizione è “apparente”?
Perchè i dati sono stati pubblicati ai sensi di legge su di un sito istituzionale, dal quale poi i quotidiani (e i blogger o il p2p) hanno tratto le loro informazioni, ma la prima fonte è quella istituzionale e preposta.
E allora?
E allora bisogna decidersi cosa si vuole veramente: si vuole privilegiare la trasparenza nei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione? Bene, allora non ci si scandalizzi, soprattutto pensando a tutta una serie di elenchi delicatissimi che rimangono consultabili pubblicamente, come quello dei protestati, come quello dei c.d. “pessimi pagatori”, rilevati dalla centrale rischi addirittura per un anno dopo la comunicazione dell’avvenuto saldo definitivo del debito, eccetera.
Bisogna decidersi che cosa sia il concetto di dato personale (va bene il nome, va bene l’IP, cioè l’identità di una persona su Internet, va bene l’indirizzo, va bene il numero telefonico, vanno ultrabene i dati sanitari e genetici, ma siamo sicuri che il reddito sia un dato assimilabile nella sua natura a questi appena elencati?)
Ed infine bisognerebbe imparare, una volta per tutte, che Internet è un giocattolo bellissimo, incredibile, dalle mille opportunità e sfaccettature, ma che bisogna avere chiaro come funziona: non è sufficiente “invitare” alla sospensione della pubblicazione degli elenchi dei contribuenti per far ritornare le cose come prima. Anzi, probabilmente questi inviti non solo non funzionano (vedi condivisione dei suddetti elenchi con il p2p), ma screditano anche l’autorità che li emana, proprio perchè non solo non sono “ordini” nel senso giuridico del termine, ma contengono pure prescrizioni che non si è in grado di attuare nè di far rispettare. Ormai tutti hanno letto i redditi di tutti.