Tutela del diritto d’autore online: la prima delibera di AGCOM

Pubblicata sul Quotidiano Giuridico il 29 aprile 2014

Il fatto
La delibera n. 41/14/CSP emanata il 23 aprile 2014 dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni relativo all’applicazione del Regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica a seguito dell’istanza da parte di detentori di diritti di dieci opere cinematografiche diffuse attraverso un sito web, nello specifico “cineblog01” “in presunta violazione degli articoli 2, comma 1, n. 6), 12, 13, 16 e 78-ter, lett. a) e d), della citata legge n. 633/41”. A questo proposito osserva l’AGCOM che “le opere oggetto di istanza sono tutte recenti e, in taluni casi, tuttora in corso di programmazione nelle sale cinematografiche. Questi elementi hanno indotto la Direzione a ritenere che i fatti stessi potessero configurare un’ipotesi di violazione grave e di carattere massivo”.

La decisione di AGCOM
Siccome dagli ulteriori elementi emersi dall’istruttoria di AGCOM risulta che il nome di dominio è stato registrato all’estero attraverso una società di mascheramento dei dati dell’utente e i servizi di hosting sono forniti da una società straniera, AGCOM ha ordinato ai prestatori di servizi di mere conduit operanti sul territorio italiano, individuati ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, di provvedere alla disabilitazione dell’accesso al sito http://www.cineblog-01.net, univocamente identificato dal nome di dominio, mediante blocco del DNS, da realizzarsi entro due giorni dalla notifica del provvedimento in commento, con contestuale reindirizzamento automatico verso una pagina internet redatta secondo l’allegato A al presente provvedimento. Pertanto, l’ordine coinvolge tutta la piattaforma, indipendentemente dalla possibile presenza su di essa di materiali di natura legittima e diffusi legalmente, si tratterebbe dunque di un vero e proprio oscuramento.
Va osservato che nel provvedimento in questione si specifica esplicitamente che l’inottemperanza all’ordine impartito comporta non solo l’applicazione della sanzione prevista dall’articolo 1, comma 31, della legge 31 luglio 1997, n. 249, ma soprattutto la “comunicazione” agli organi di polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 182-ter della legge n. 633/41.

Elementi di criticità
Nonostante la più volte dichiarata intenzione di non svolgere attività di polizia giudiziaria ma di mera tutela degli interessi dei possessori dei diritti contro la divulgazione delle opere protette, l’operato di AGCOM presta il fianco a critiche di sostanza. Queste possono riassumersi come segue:
1. Dal tenore del provvedimento si può desumere che l’istruttoria posta in essere dall’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni consista in attività di polizia giudiziaria senza alcun incarico risultante da provvedimenti della Magistratura secondo quanto previsto dal codice penale nonché dalla Costituzione.
2. Ulteriormente, questo provvedimento si sovrapporrebbe a una indagine della magistratura già aperta e della quale hanno già dato notizia gli organi di stampa (si veda, ad esempio, C. Lavalle, Stop a 46 siti pirata, vittima anche il film di Sorrentino, pubblicato su La Stampa del 5 marzo 2014, http://www.lastampa.it/2014/03/05/tecnologia/stop-a-siti-pirata-vittima-anche-il-film-di-sorrentino-0MzijCMqYwsr6Dc14gOWHO/pagina.html). A questo proposito ci si chiede se AGCOM intenda porsi come organo sovrapposto alla magistratura ordinaria e come i suoi provvedimenti si inseriscano nella tutela del principio del giudice naturale predisposto dalla legge e, sviluppando ulteriormente il ragionamento sotto un profilo teorico quanto pratico, si possa configurare la gestione di un doppio processo sanzionatorio in questo ambito.
3. per quanto concerne l’inottemperanza dell’ordine impartito con il provvedimento in commento, AGCOM prevede l’applicazione della sanzione prevista dall’articolo 1, comma 31, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (relativo all’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniare conseguenti all’inottemperanza dell’ordine) e la comunicazione agli organi di polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 182-ter della legge n. 633/41. Tuttavia siffatta comunicazione consiste in una vera e propria denuncia-querela in merito alla quale occorrerebbe verificare da un lato chi sarebbe il soggetto passivo di siffatto atto. Il riferimento all’inottemperanza dell’ordine farebbe pressupporre che i destinatari dovrebbero essere configurati nei provider, visto che l’ordine è rivolto ai soli ISP, tuttavia questi sono tecnicamente e giuridicamente irresponsabili per le violazioni commesse da terzi nel caso in cui non sussistano fattispecie delittuose. Siffatta iniziativa, qualora posta in essere, sarebbe contraria al principio di stretta legalità in diritto penale, nonché al rispetto della gerarchia delle fonti. Ci si domanda, infatti, quale fattispecie criminosa, prevista da una eventuale norma penale incriminatrice, porrebbero in essere gli ISP.

L’impatto pratico-operativo
Al momento la situazione risulta essere piuttosto confusa sia sotto il profilo dell’applicazione rigorosa delle fattispecie giuridiche sia per quel che concerne validità ed efficacia dello stesso Regolamento AGCOM in questione poiché esso è stato impugnato dalle associazioni dei consumatori davanti al TAR LAZIO, di fronte al quale l’udienza è fissata per il prossimo 25 giugno 2014. Ulteriormente è stata pubblicata la notizia che anche uno dei principali interessati, che in via astrtta si sarebbe maggiormente avvantaggiato di siffatta normativa, cioè l’emittente televisiva SKY, ha provveduto a presentare ricorso straordinario di fronte al Presidente della Repubblica contro il Regolamento medesimo a causa di numerose lacune presenti al suo interno.
Le criticità lamentate da più parti riguardano il fatto che dalla lettura del provvedimento si desume una ratio orientata a proteggere gli interessi di una parte sola, cioè i dententori dei diritti patrimoniali d’autore di opere digitali che si trovano online, nei confronti tanto degli ISP che si trovano a rivestire loro malgrado i panni di esecutori di ordini contrari alla neutralità della rete, sia nei confronti di altri soggetti del tutto estranei al reato che, avendo inserito i loro materiali, spesso perfettamente legali, sui siti destinati all’oscuramento si trovano comunque cancellati incolpevolmente dalla Rete. Di fronte a siffatti ordini emanati dall’AGCOM emerge quale unico rimedio il ricorso amministrativo di fronte al TAR Lazio, dagli esosi costi e dall’incerta durata, entrambi elementi ostacolanti l’effettivo bilanciamento dei diritti di tutte le parti coinvolte.

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, DELIBERA N. 41/14/CSP, 23 aprile 2014